L’impatto del Covid sulle Pmi sotto la lente di Federlazio: imprese fiduciose ma modello imprenditoriale da ripensare

A sei mesi dall’indagine di ottobre 2020, che aveva riguardato l’impatto della prima ondata della pandemia sulle imprese, la Federlazio è tornata nel mese di aprile di quest’anno con una seconda rilevazione che aggiorna sugli effetti economici, sulle modifiche intervenute nei comportamenti imprenditoriali e sulle strategie poste in essere dagli operatori per affrontare i nuovi scenari del post-pandemia.

L’analisi

Ebbene, a circa 14 mesi dallo scoppio della crisi sanitaria ed economica, e a circa 6 dalla precedente indagine, la prima impressione che si ricava dalla lettura delle risultanze emerse è che quel sentimento di scoramento e quello scenario apocalittico che avevano accompagnato la precedente indagine sembra abbiano lasciato spazio a sparuti elementi di relativa positività e ad uno spiraglio di fiducia che può forse infondere un po’ di speranza negli operatori. Questo almeno in alcuni settori, perché se è vero che la crisi ha attraversato orizzontalmente tutta l’economia, è altrettanto vero che la gravità dell’impatto è stata differente a seconda dei comparti. Abbiamo avuto da un lato quelli della ristorazione, del commercio, dell’industria turistica e dell’ospitalità, dello spettacolo, del trasporto persone, praticamente travolti dall’ondata virale; e dall’altro il manifatturiero e l’edilizia, che pur investiti anch’essi dalla crisi soprattutto nella prima fase, hanno tuttavia registrato una parziale attenuazione degli effetti più nefasti e mantenuto i motori accesi, sebbene a regime ridotto. 

Quest’ultima osservazione è corroborata per l’appunto dal raffronto con l’indagine di 6 mesi fa. Ad esempio le imprese che hanno registrato una contrazione degli ordinativi a causa del Covid-19 sono passate dall’80% di allora al 71,4%. Lo stesso dicasi per l’andamento della produzione, dove le imprese che hanno riscontrato una contrazione passano dall’80,1% al 64,3%. Meno marcate le differenze nell’andamento del fatturato che viene giudicato in contrazione da circa il 77% delle imprese sia nell’indagine precedente che in quella attuale.  Calano sia pure lievemente dal 76,9% al 70,6% le imprese che dichiarano di aver fatto ricorso alla CIG.

Lo smart working ha rappresentato soprattutto all’inizio – e solo per alcuni settori – una prima risposta all’emergenza Covid: il 44,1% delle imprese vi ha fatto ricorso anche solo per alcune funzioni, ma il 74,3% non pensa di utilizzarlo una volta tornati alla normalità. Normalità alla quale il 20,7% delle imprese, fortunatamente, ritiene di essere già tornato

Anche le previsioni a breve gettano un timido raggio di luce in un quadro che rimane complessivamente difficile. Quelli che prevedono una contrazione degli ordinativi nei prossimi sei mesi calano dal 61,9% della rilevazione dell’ottobre scorso al 50% di oggi. Così pure chi prevede una contrazione del fatturato (che passa dal 65,4% al 55,9%) e chi prevede un calo della produzione (dal 65,4% al 55,9%). 

Vi è infine un dato che va particolarmente valorizzato per le implicazioni sociali che contiene. La netta maggioranza delle imprese, pari al 74,3%, ha dichiarato che quando avverrà lo sblocco dei licenziamenti, al momento stabilito per il 30 giugno prossimo, non prevede alcuna riduzione del personale, ed anzi vi è persino un 2,9% di loro che prevede di assumere.

Il presidente Polito

L’intervento del presidente

È proprio questo uno dei dati che considero più significativi – afferma il Presidente della Federlazio di Frosinone Carmine Polito – in quanto rivela che le imprese sono fiduciose, avendo evidentemente buone ragioni per farlo, di poter rilanciare la propria attività e riportarla, anche se con inevitabile gradualità, alla situazione pre-pandemica. Per questo non intendono ridurre la forza lavoro, che resta una componente imprescindibile in qualunque strategia di rilancio. I risultati della nostra indagine convergono tutti nel rimarcare che lo spirito e la tempra della gran parte dei nostri imprenditori, non escono fiaccati da questa catastrofe del Covid19. Le imprese si sono già rimboccate le maniche per ricominciare con decisione a fare quello che riesce loro meglio: creare ricchezza, lavoro e sviluppo”.

Il direttoe Battisti

Le parole del direttore

L’impulso proveniente da questo spirito imprenditoriale – aggiunge il Direttore Roberto Battisti – dovrà anche essere assecondato però da un profondo ripensamento del nostro modello produttivo e imprenditoriale, che  sappia raccogliere convintamente e permanentemente le sfide dell’innovazione, della green economy, della sostenibilità e delle energie rinnovabili, e sappia accordare un’attenzione privilegiata al tema della valorizzazione delle risorse umane e a quello del consolidamento finanziario e gestionale delle imprese (soprattutto quelle piccole e medie). Tutto questo presuppone però un altrettanto improcrastinabile rinnovamento nel funzionamento della macchina dello Stato in tutte le sue articolazioni, senza il quale qualunque sforzo del nostro sistema economico verrebbe vanificato, confinandoci ai margini dell’agone competitivo internazionale, in una posizione subalterna che non possiamo assolutamente permetterci”.

I RISULTATI DELL’INDAGINE

L’indagine, che a livello regionale ha interessato un campione di 450 imprese rappresentative del tessuto economico e produttivo, ha coinvolto nella provincia di Frosinone un sottocampione di 75 aziende, distribuite dal punto di vista dimensionale come riportato nella tavola seguente:

Distribuzione del campione per classi di addetti

Classe di addettiPercentuale
1 – 929%
10 – 4955%
Oltre 5016%

La maggioranza delle imprese intervistate, pari al 55%, impiega dai 10 ai 49 addetti, il 29% ne impiega non più di 9, mentre raggiungono il 16% le imprese con più di 50 addetti.

Nella I rilevazione che eseguimmo nell’ottobre dello scorso anno l’impatto eclatante della pandemia balzava immediatamente agli occhi anche solo guardando all’andamento delle variabili quali gli ordinativi, la produzione e il fatturato.

Con la presente indagine abbiamo voluto vedere se a distanza di sei mesi, vi sia stata, ed eventualmente in quale direzione, una evoluzione in questo senso. Ebbene, abbiamo potuto constatare come in effetti vi sia stato un alleggerimento relativo della pressione del Covid-19 sull’economia, nel senso che l’attività produttiva risulta indubbiamente ancora fortemente penalizzata in senso assoluto, ma si scorgono anche sintomi che lasciano ben sperare verso un inizio di ripresa.

Basti guardare all’andamento degli ordinativi (Tab. 1), che oggi, a 14 mesi dallo scoppio della pandemia, appaiono sì ancora in contrazione, se confrontati col periodo pre-pandemico, ma in misura meno forte rispetto ad ottobre scorso (71,4% contro 80%). A questo va poi aggiunto un ulteriore 25% – mentre ad ottobre scorso era solo il 14,8% – di imprese che afferma di non aver subito alcuna sostanziale variazione rispetto al 2019.  

  Tab. 1     Andamento degli ordinativi dell’azienda nel 2020 rispetto al 2019
   2^ rilevazione aprile 20211^ rilevazione ottobre 2020
%%
Contrazione71,480,0
Nessuna sostanziale variazione25,014,8
Crescita3,65,2
TOTALE100,0100,0

Fonte: Indagine Federlazio, aprile 2021.

La stessa cosa è accaduta se guardiamo la produzione (Tab. 2), dove coloro che oggi possono dire di aver riscontrato una contrazione rispetto al 2019 sono “solo” il 64,3%: una percentuale sempre alta ma tuttavia sensibilmente in caduta rispetto all’80,1% della rilevazione scorsa. Questo dato, per giunta, va letto anche in concomitanza con l’aumento delle imprese (32,1%) che dichiarano di non aver registrato sostanziali variazioni (erano appena il 14,9% ad ottobre).

  Tab. 2     Andamento della produzione dell’azienda nel 2020 rispetto al 2019
   2^ rilevazione aprile 20211^ rilevazione ottobre 2020
%%
Contrazione64,380,1
Nessuna sostanziale variazione32,114,9
Crescita3.65,0
TOTALE100,0100,0

Fonte: Indagine Federlazio, aprile 2021.

Per quanto riguarda invece l’indice del fatturato (Tab.3) le percentuali tra le due rilevazioni tendono a riavvicinarsi un po’ e le imprese che hanno visto in calo il fatturato si attestano sul 77% in entrambe le rilevazioni, con variazioni minime anche per le altre risposte.

Tab. 3     Andamento del fatturato dell’azienda nel 2020 rispetto al 2019
   2^ rilevazione aprile 20211^ rilevazione ottobre 2020
%%
Contrazione77,077,8
Nessuna sostanziale variazione17,114,8
Crescita5,87,4
TOTALE100,0100,0

Fonte: Indagine Federlazio, aprile 2021.

Misurato in qualche misura l’impatto della crisi sulla performance delle imprese ad ottobre scorso e ad aprile 2021, vediamo quale è stato il ricorso agli ammortizzatori sociali.

Come possiamo osservare dalla Tabella 4, la maggior parte delle imprese ha utilizzato la CIG-Covid19 predisposta dal Governo per fronteggiare questo evento straordinario.  Si tratta ovviamente di un dato preoccupante, non solo sul piano economico-produttivo ma anche per le ripercussioni sociali su lavoratori e famiglie. Tuttavia, se vogliamo cogliere in chiave dinamica un elemento di relativa fiducia, possiamo trovarlo nel fatto che nella rilevazione di aprile 2021 la percentuale di imprese che ha utilizzato la CIG (70,6%) si è abbassata rispetto a quanto rilevato ad ottobre, dove toccava quasi il 77%.

Tab. 4     Per fronteggiare l’emergenza Covid, la sua azienda ha fatto ricorso alla Cassa Integrazione Guadagni+?  
 2^ rilevazione aprile 20211^ rilevazione ottobre 2020
%%
SI70,676,9
NO29,423,1
TOTALE100,0100,0

Fonte: Indagine Federlazio, aprile 2021.

Resta in ogni caso un utilizzo assai consistente sul piano del numero di lavoratori coinvolti, che ha riguardato per ben il 62,5% dei casi oltre la metà dei lavoratori dell’azienda, cui va ad aggiungersi un altro 20,8% di imprese che l’ha richiesta per una quota di lavoratori compresa tra il 20% e il 50% del totale (Tab. 5).

Si tratta tuttavia di un andamento che resta in linea con quello che abbiamo riscontrato sull’intero campione regionale, in taluni casi persino leggermente inferiore.

Tab. 5     La Cassa integrazione utilizzata quanti lavoratori ha riguardato?
 Provincia di FRMedia reg.le
%%
Meno del 20% degli addetti16,715,8
Tra il 20% ed il 50% degli addetti20,818,7
Oltre il 50% degli addetti62,565,5
TOTALE100,0100,0

Fonte: Indagine Federlazio, aprile 2021.

Per quanto riguarda poi la durata della CIG richiesta, la maggioranza delle imprese (54,2%) non è andata oltre i 3 mesi e solo il 25% ha superato i 6.

Tab. 6         Per quanto tempo è stata richiesta la Cassa Integrazione?
 Provincia di FRMedia reg.le
%%
Da 1 a 3 mesi54,262,1
Da 3 a 6 mesi20,819,0
Oltre 6 mesi25,018,9
TOTALE100,0100,0

Fonte: Indagine Federlazio, aprile 2021.

L’avvento della pandemia tra le altre cose ha anche portato con sé la “scoperta” dello smart working, che obiettivamente ha ricoperto un ruolo importante per poter garantire una certa continuità del lavoro, se non in tutti i settori economici ovviamente, almeno in quelli la cui organizzazione del lavoro si poteva maggiormente adattare a tale modalità.

Ebbene diciamo che in effetti una larga fetta di imprese della provincia di Frosinone, pari al 44,1%, vi ha fatto ricorso in misura sostanzialmente non difforme dalla media del campione regionale (Tab. 7).

Tab. 7         Per fronteggiare l’emergenza Covid-19, avete adottato lo Smart Working anche solo per una parte dei dipendenti?
 Provincia di FRMedia reg.le
%%
44,143,0
No55,957,0
TOTALE100,0100,0

Fonte: Indagine Federlazio, aprile 2021.

Si tratta di una quota importante, soprattutto se si considera che mediamente le imprese facenti parte del nostro campione sono per lo più (anche se non esclusivamente) manifatturiere, edili, impiantisti, tutti settori la cui attività lavorativa   poco si   presta  allo  smart working, visto che il tipo di processo produttivo non può prescindere dalla presenza fisica del lavoratore. Evidentemente tale modalità ha rappresentato inizialmente una risposta che ha consentito, almeno ad alcune funzioni, di non essere interrotte dalla pandemia. Il fatto però, come si vede dalla tabella seguente, che in quasi il 64% delle imprese interpellate ad oggi non vi sia più nessuno che lavori in smart working e che nel 33,4% delle imprese siano una minoranza i lavoratori ancora in SW solo per qualche giorno alla settimana, fa capire come la tendenza sia quella di tornare lentamente alle modalità tradizionali di lavoro, ripetiamo, anche per la natura degli specifici settori.  

Tab. 8         Attualmente ci sono dipendenti dell’azienda che stanno lavorando in Smart Working?
 Provincia di FRMedia reg.le
%%
Non c’è nessuno che lavora in smart working63,673,6
Abbiamo una quota inferiore al 50%  che lavora in smart working per qualche giorno la settimana33,420,8
Abbiamo la maggioranza degli addetti che lavora per qualche  giorno alla settimana in smart working3,05,6
TOTALE100,0100,0

Fonte: Indagine Federlazio, aprile 2021.

E infatti, richieste di esprimersi sulla volontà di continuare ad adottare forme di SW anche una volta superata l’emergenza sanitaria, tre quarti delle imprese del campione si pronuncia negativamente (Tab. 9). Anche se, ci piace sottolineare il fatto che nonostante tutto, rimane circa un quarto delle imprese che invece pensa di farlo. Dal che si può dedurre che in fondo questa pandemia, tra le catastrofi umane ed economiche che ha comportato, ha almeno fatto scoprire che possono esserci, in alcuni settori economici e in alcuni ruoli, modalità di lavoro diverse da quelle tradizionali che possono rappresentare un vantaggio sia per le imprese che per i lavoratori.

Tab. 9         Pensa di adottare nella sua azienda forme di  smart working anche oltre l’emergenza sanitaria, almeno per una parte dei dipendenti?
 Provincia di FRMedia reg.le
%%
25,721,3
No74,378,7
TOTALE100,0100,0

Fonte: Indagine Federlazio, aprile 2021.

In questa 2^ rilevazione abbia voluto inserire una domanda che tenesse anche un po’ conto del dibattito che si è sviluppato in questi mesi sullo sblocco dei licenziamenti, che il Governo ha finora di volta in volta rinviato, ma che oramai sembra fissato al prossimo 30 giugno inevitabilmente sarà prossimamente introdotto.

Ci è sembrato utile a tal proposito ascoltare dalla voce diretta degli imprenditori quanto questo tema fosse sentito e soprattutto quale scenario avrebbe potuto prefigurarsi a seguito dello sblocco. Ebbene, diciamo subito che i risultati sono apparsi molto interessanti e per certi versi inattesi, almeno nella misura in cui si sono appalesati. In effetti, in modo un po’ sorprendente – sorprendente almeno per quanti amano dipingere gli imprenditori come persone “assetate” di licenziamenti – dalla Tabella 10 si nota che ben il 74,3% delle imprese intervistate, anche una volta che cadrà il blocco dei licenziamenti, non prevede alcuna riduzione di personale, a fronte di un solo 17% che prevede invece una peraltro leggera riduzione e un modesto 5,7% per cui la riduzione sarà significativa, compensato però anche dal 2,9% che prevede addirittura un aumento del personale.

Peraltro, nel caso di riduzione del personale, non è detto che le ragioni debbano essere unicamente ascrivibili agli effetti della pandemia, ma potrebbero anche essere dovute a riassetti strutturali già previsti.

Tab. 10      Quando cesserà il blocco dei licenziamenti cosa prevede che possa accadere nella sua azienda?
 Provincia di FRMedia reg.le
%%
Non è prevista alcuna riduzione del personale74,370,2
E’ prevista una leggera riduzione del personale17,120,4
E’ prevista una significativa riduzione del personale5,75,3
E’ previsto un aumento del personale2,94,1
TOTALE100,0100,0

Fonte: Indagine Federlazio, aprile 2021.

LE PREVISIONI

Ma cosa prevedono da qui ai prossimi 6 mesi le Pmi interpellate? Come immaginano il futuro prossimo? Quanto sono state fiaccate da questa pandemia? Ebbene le risposte fornite, pur all’interno di un quadro che resta ancora all’insegna di un fortissimo affanno, cominciano a lasciar intravedere piccoli spiragli di una ripresa che le imprese vogliono con determinazione rincorrere senza darsi per vinte.

Lo vediamo ad esempio dalle previsioni formulate sugli ordinativi (Tab. 11), dove chi ne prevede la contrazione cala dal 68,3% ottenuto nella rilevazione di ottobre scorso, al 51,7% di aprile. Viceversa la quota di chi ne prevede la crescita aumenta dal 9% a ben il 13%. È evidente che se non vi fosse stato il Covid-19, quel 51,7% di imprese che prevede una contrazione degli ordinativi nei successivi sei mesi sarebbe stato letto come indice di una crisi strutturale estremamente allarmante. Ma noi dobbiamo calare questo dato nel contesto particolare della crisi pandemica e soprattutto confrontarlo con quello del semestre scorso. Se facciamo questo non possiamo non prendere atto che il trend verso una cauta ripresa comincia a mostrare qualche segnale.

  Tab. 11   Andamento degli ordinativi dell’azienda previsto nei prossimi sei mesi
   2^ rilevazione aprile 20211^ rilevazione ottobre 2020
%%
Contrazione51,768,3
Nessuna sostanziale variazione34,522,7
Crescita13,89,0
TOTALE100,0100,0

Fonte: Indagine Federlazio, aprile 2021.

Oltre che dalle previsioni sugli ordinativi, lo vediamo altresì dalle previsioni sulla produzione (Tab.12), dove le imprese che si attendono una contrazione registrano una flessione dal 61,9% al 50%, parallelamente ad un incremento dal 9,5% al 13,3% di coloro che ne prevedono invece una crescita.

  Tab. 12   Andamento della produzione dell’azienda previsto nei prossimi sei mesi
   2^ rilevazione aprile 20211^ rilevazione ottobre 2020
%%
Contrazione50,061,9
Nessuna sostanziale variazione36,728,6
Crescita13,39,5
TOTALE100,0100,0

Fonte: Indagine Federlazio, aprile 2021.

Lo vediamo, infine, dalle previsioni sul fatturato (Tab. 13), dove la percentuale dei “pessimisti” si riduce anch’essa dal 65,4% dell’ottobre scorso al 55,9% di oggi.

  Tab. 13   Andamento del fatturato dell’azienda previsto nei prossimi sei mesi
   2^ rilevazione aprile 20211^ rilevazione ottobre 2020
%%
Contrazione55,965,4
Nessuna sostanziale variazione26,523,1
Crescita17,611,5
TOTALE100,0100,0

Fonte: Indagine Federlazio, aprile 2021.

Abbiamo poi chiesto alle imprese di provare a formulare un’ipotesi temporale circa i tempi di attesa per un ritorno alla “normalità” pre-Covid per quanto concerne l’attività dell’azienda.

Ebbene, tutto sommato la situazione non si presenta così disperata da questo punto di vista (Tab. 14). Poco meno del 60% degli intervistati ritiene infatti che occorreranno più o meno da 6 mesi a 1 anno, che in fondo riteniamo non sia un lasso di tempo lunghissimo. È anche vero che il 17,6% è dell’avviso che ci vorranno almeno 2 anni, ma è altrettanto vero che una fetta consistente delle imprese, pari al 20,7%, afferma fortunatamente di esservi già tornata.

 Tab. 14   Quanto tempo ci vorrà prima che nella sua azienda si torni alla situazione precedente alla pandemia?
 Provincia di FRMedia reg.le
%%
Ci siamo già tornati20,724,4
Da 6 mesi a 1 anno58,851,6
Almeno due anni17,615,3
Non credo ci si tornerà più2,98,7
TOTALE100,0100,0

Fonte: Indagine Federlazio, aprile 2021.

Con le ultime due domande, per finire, abbiamo provato a saggiare l’intenzione da parte delle aziende di effettuare concretamente degli investimenti o meno nei prossimi mesi, intendendo questo comportamento come un buon indicatore almeno del grado di fiducia nutrito nelle potenzialità della propria impresa.

Diciamo subito che sul piano generale l’80% delle imprese – in questo allineate alla media regionale – ha intenzione di realizzare investimenti (Tab. 15). La maggioranza di esse (65,7%) ovviamente vuole prima valutare bene, come è giusto che faccia un imprenditore, se le condizioni generali, le dinamiche del mercato, la capacità dei governi di determinare un contesto, saranno favorevoli o meno all’investimento. Nel caso non lo fossero, si può presumere che essi saranno un po’ più cauti.

Tab. 15   Per il 2021 ha in previsione investimenti nella sua azienda?
 Provincia di FRMedia reg.le
%%
14,319,8
Forse, ma occorrerà valutare65,760,9
No20,019,3
TOTALE100,0100,0

Fonte: Indagine Federlazio, aprile 2021.

Gli ambiti dove maggiormente si ritiene di poter investire, come si può osservare dalla Tabella 16, saranno principalmente il miglioramento delle catene distributive e più in generale tutto ciò che concerne il marketing (71,4%), seguito dall’introduzione dei processi di digitalizzazione (68,2%), la formazione professionale (57,2%) e i nuovi prodotti/servizi da immettere sul mercato (53,6%), nella convinzione che appena il mercato ripartirà occorrerà farsi trovare pronti, anche facendo tesoro persino della malaugurata esperienza rappresentata dal Covid-19.

Tab. 16     In quali ambiti prevede di investire? (erano possibili più risposte)
 Provincia di FRMedia reg.le
%%
Nei processi di digitalizzazione68,252,2
Nei processi di efficienza energetica e sostenibilità ambientale35,728,0
Nelle attività di ricerca e sviluppo di nuovi prodotti/servizi53,638,5
Nella distribuzione e marketing71,477,5
Nella formazione professionale e nella sicurezza sul lavoro57,258,3
Nell’internazionalizzazione3,69,3

Fonte: Indagine Federlazio, aprile 2021.

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